Un team internazionale di ricercatori giapponesi e olandesi ha sviluppato una nuova plastica biodegradabile che si decompone sia nel suolo che nell’acqua marina senza rilasciare microplastiche. Questo materiale innovativo è stabile, resistente e facilmente riciclabile, e non emette composti tossici né anidride carbonica durante la degradazione, rappresentando un potenziale passo avanti nella lotta contro l’inquinamento da plastica.

Com’è stata realizzata?

La plastica è stata progettata utilizzando polimeri supramolecolari, strutture tenute insieme da interazioni reversibili. Combinando due monomeri ionici (l’esametafosfato di sodio, un additivo alimentare, e varie combinazioni di ioni guanidinio) i ricercatori sono riusciti a creare un materiale che forma ponti salini reticolati. Questi legami conferiscono al materiale stabilità e resistenza, pur mantenendo la capacità di degradarsi facilmente in presenza di batteri, sia nel terreno che nell’acqua marina.

Che vantaggi offre questa plastica biodegradabile?

Un aspetto distintivo di questa plastica è la sua capacità di degradarsi in acqua marina senza lasciare microplastiche. Questo è particolarmente significativo dato il grave problema dell’inquinamento, che ha effetti disastrosi su fauna marina e sulla salute umana. Studi hanno rilevato la presenza di microplastiche in vari tessuti e organi umani, con possibili implicazioni negative per la salute.

La nuova plastica biodegradabile supramolecolare offre ulteriori vantaggi: non è tossica, rilascia elementi fertilizzanti come azoto e fosforo nell’ambiente durante la degradazione, non è infiammabile e può anche essere utilizzata nella stampa 3D. Inoltre, la sua flessibilità permette di ottenere materiali con diverse proprietà, da rigidi come quelli utilizzati nei cruscotti delle automobili a morbidi come la gomma, a seconda delle combinazioni ioniche impiegate.

Conclusione

Questa scoperta potrebbe rappresentare una svolta significativa nella gestione dell’inquinamento da plastica, offrendo un’alternativa sostenibile ai materiali tradizionali. A condurre la ricerca sono stati scienziati della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Tokyo, del Centro RIKEN per la Scienza dei Materiali Emergenti e del Laboratorio di Chimica Macromolecolare e Organica dell’Università Tecnologica di Eindhoven. 

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